Teatro San Carlo: “Zorba il Greco”, storia di amicizia e libertà

Un successo annunciato. E non poteva essere diversamente visto che Zorba il Greco, capolavoro di Lorca Massine, figlio del celebre Léonide Massine che per anni ha lavorato nella storica compagnia dei Ballets Russes di Serge Diaghilev, è un balletto dal forte impatto emotivo. Creato nel 1988 dal coreografo russo, all’Arena di Verona, dopo circa trent’anni ha ancora la stessa forza espressiva.

Tratto dal romanzo di Nikos Kazantzakis del 1946 e divenuto celebre vent’anni dopo con il film interpretato da Antony Queen e Irene Papas, il balletto aveva come protagonista Vladimir Vasiliev, uno dei più grandi danzatori del mondo. Una storia di amicizia, libertà e amore, ambientata in una imprecisata isola greca, un luogo fuori dallo spazio e dal tempo. Fra John, un turista americano, e Zorba, un uomo libero, dalla saggezza arcaica e dalla vitalità contagiosa, nasce un profondo legame in cui la danza, esaltata dalla presenza compatta del corpo di ballo con scene a dir poco suggestive, vibra con un forte senso di liberazione e di ebbrezza dionisiaca.

Un caos primordiale, una danza rituale, da cui pian piano emergono elementi sempre più definiti. “Il mio Zorba – racconta Lorca Massine – è l’eroe di un popolo di avanguardia, il suo antenato potrebbe essere Dioniso. La sua identità anagrafica è inesistente, la voce della sua anima comanda – ordinando di vivere all’altezza della propria vita divorando il presente, dimenticando il passato, sorvolando il futuro – di dare esempio, con la sua personalità da leone, al comune mortale calcolatore.”

Sulle musica trascinante di Mikis Theodorakis (purtroppo registrata e sparata a tutto volume), a tratti oscura ed evocativa di scenari d’altri tempi, con elementi che intrecciano tradizione classica e sonorità popolari, l’intera struttura coreografica di Lorca Massine emerge con una forza trascinante e coinvolgente. Movimenti viscerali, istintivi, accompagnati da costumi essenziali, si susseguono a quelli stilizzati, ieratici, dalla forma perfetta, in una equilibrata alternanza tra geometria e asimmetria. Di grande qualità l’impegno del Corpo di Ballo, diretto con forza da Giuseppe Picone, che ha lavorato con precisione, partecipazione totale e coinvolgimento emotivo. Ci si aspettava di più dalla presenza scenica del protagonista, David Khozashvili (Ertugrel Gjoni e Edmondo Tucci negli altri cast), nel ruolo di Zorba, anche se è impossibile ogni confronto con Vladimir Vasiliev, irraggiungibile per carisma, personalità debordante e impetuosità travolgente. Una bellissima prova, quella di Alessandro Staiano (nella foto di Luciano Romano), (Alessandro Macario nel secondo cast), nel ruolo di John, che ha brillato in scena con la padronanza tecnica di cui è capace – in un crescendo continuo di giri e salti di grande estensione ed elasticità – dimostrando anche una interpretazione più ricca di sfumature che aggiunge sempre più luce all’artista. I ruoli femminili sono stati ben interpretati da Anna Chiara Amirante (Sara Sancamillo), pulita ed efficace nell’esecuzione anche se un po’ meno intensa nella profondità espressiva e Candida Sorrentino (Valentina Vitale), delicata e femminile nel ruolo quasi felliniano di Madame Hortense. Particolarmente giusto nella parte di Manolios, Ertugrel Gjoni (Stanislao Capissi), per grinta e presenza scenica. L’attesissimo sirtaki finale (con un improponibile volo di colombe bianche proiettate sullo sfondo), ripetuto per ben tre volte di seguito fino allo stremo delle forze fisiche, ha trascinato tutto il pubblico in un vorticoso ed esaltante inno alla danza, sottolineato dai tantissimi applausi a scena aperta.

Elisabetta Testa

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