Teatro San Carlo: "Lo Schiaccianoci" non incanta

E’ il balletto di Natale per eccellenza, quello che dovrebbe ricreare in toto la magia delle feste ma anche la forza dei sogni, dell’incantesimo tout court, della dimensione magica. Invece così non è stato. Da anni il Teatro San Carlo, con l’attuale direttore del Corpo di Ballo Giuseppe Picone (appena rientrato dal Teatro Massimo di Palermo dove ha presentato una sua versione coreografica del balletto, danzando nel ruolo del Principe) si allinea alle grandi capitali mondiali offrendo uno dei balletti più celebri e rappresentati del repertorio classico: Lo Schiaccianoci, creato su un progetto di Marius Petipa ma sviluppato, in seguito alla malattia del grande coreografo marsigliese, dal suo assistente Lev Ivanov cresciuto in un orfanotrofio e dotato di una spiccata sensibilità artistica. Andato in scena il 6 dicembre 1892 al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, il ruolo della protagonista Clara (Maria nella versione russa) fu affidato ad Antonietta dell’Era, allieva del maestro italiano Enrico Cecchetti, “il maestro dei maestri”.Balletto godibile e affascinante, tanto per i piccoli che per i grandi, Lo Schiaccianoci si avvale di una delle musiche più belle e struggenti di tutta la produzione ballettistica e non solo – quella di Čajkovskij diretta  dal maestro David Coleman, che da sola è capace di portare lo spettatore in una dimensione fatata dove regnano la bellezza e l’emozione.Dopo un inizio poco avvincente per l’uso di proiezioni video che non dovrebbero intralciare la mise en scène del repertorio classico, e una scena decisamente scarna – con l’uso di pessime luci –  che riproduce un’atmosfera anni ‘30, la prima delusione si ha guardando l’albero di Natale, scialbo e dalle dimensioni ridotte, posizionato a lato del palcoscenico e semi-nascosto da un pianoforte.La versione coreografica di Charles Jude (con le assistenti Susanna Campo e Emmanuelle Grizot), pupillo dell’indimenticabile Rudolf Nureyev, in passato splendida étoile dell’Opéra di Parigi e dal 1996 direttore del Ballet de l’Opéra di Bordeaux, risulta poco celebrativa, velocissima nell’esecuzione (difficile per il corpo di ballo eseguire i movimenti in perfetto sincrono) e sembra puntare più sulle sequenze di passi piuttosto che sull’intero movimento coreografico dell’ensemble.Ridotta all’osso la presenza dei bambini (allievi della Scuola di Ballo diretta da Stéphane Fournial) coinvolti durante la festa e principali fruitori delle meravigliose sorprese che il padrino Drosselmeyer (impersonato dal bravo Edmondo Tucci, primo ballerino del Teatro San Carlo) propone di volta in volta nello stupore generale tra cui la variazione del cosacco, efficace e ben eseguita da Danilo Notaro.Decisamente fiacca la mitica battaglia tra topi (ancora una volta protagonisti i piccoli allievi della Scuola di Ballo) e i soldatini svoltasi in un’atmosfera blanda e per lo più statica, in una mancanza quasi assoluta di un vero e proprio scontro vis-à-vis. Il valzer dei fiocchi di neve, supportato dal coro di voci bianche diretto da Stefania Rinaldi, non ha puntato l’accento sul complicato turbinio dei movimenti e sulla relativa tempesta che, nelle migliori occasioni, folgora lo spettatore e chiude il primo atto.La protagonista Marie, Ekaterina Oleynik (nella foto di Luciano Romano con Alessandro Macario) solista dell’Estonian National Ballet, non aggiunge alcuna luce al ruolo prima della bambina e poi della Principessa di Zucchero (la versione di Jude si allontana dal libretto di Alexandre Dumas a favore dei risvolti più fantasiosi di E.T. A. Hoffmann, e i due personaggi sono riuniti in un unico ruolo). Accanto a lei Alessandro Macario, primo ballerino ospite del Teatro San Carlo, ha dato prova di precisione tecnica, serietà e grande professionalità nel difficile e impervio passo a due la cui versione coreografica era quella ‘originale’, non rimaneggiata. Luisa Ieluzzi, nella danza araba, ha espresso tutta la seduzione possibile, esaltando le linee flessuose di cui è dotata con sicurezza e femminilità accanto al vigoroso Ertu Gjoni; sempre impeccabile Sara Sancamillo che ha sfoggiato una tecnica forte e sicura nella danza cinese in coppia con Francesco Lorusso. Ottima la resa della Danza Pastorale, delicata e raffinata (ripresa dall’originale versione russa) in cui hanno danzato con precisione e affiatamento Vincenza Milazzo, Martina Affaticato e Salvatore Manzo, allegro e spigliato anche nel ruolo di Fritz.I costumi di Giusi Giustino, dal 1990 direttore della Sartoria del Teatro San Carlo, colorati e fantasiosi hanno sottolineato l’azione scenica puntando ancora una volta sull’esperienza di anni e anni di lavoro.Le variazioni del cast comunicate all’ultimo minuto, non avranno certamente aiutato la compattezza di una compagnia, che, seppur contando solo su diciassette elementi stabili, si fa in quattro per dare sempre il massimo del proprio impegno ad ogni alzata di sipario.Elisabetta Testa

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