Teatro San Carlo: “Giselle” ancora e per sempre

Ha centosettantasette anni e continua ad incantare le platee dell’intero pianeta. Passione, tradimento, inganno e la forza potentissima dell’amore – quello vero – che continua anche oltre la morte. L’intreccio, la musica, la coreografia, l’atmosfera rarefatta, unica, impressa nella memoria, sono gli elementi cardine di un autentico capolavoro: Giselle (nella foto di Luciano Romano), il balletto più rappresentato al mondo, in scena al Teatro San Carlo con una delle ballerine più celebri dei nostri tempi: Marianela Nuñez, argentina, stella luminosa del Royal Ballet di Londra. Creato nel 1841 per una giovanissima Carlotta Grisi – la prima rappresentazione fu il 28 giugno all’Opéra di Parigi – da Jean Coralli e Jules Perrot, il balletto si avvale della musica struggente e meravigliosa di Adolph Adam (diretta con piglio sicuro ed esperto dal direttore David Garforth) e si ispira alla leggenda delle villi, creature ultraterrene morte prematuramente per amore e costrette a vagare di notte nella foresta, danzando fino all’alba. Non c’è un altro balletto, nel panorama del repertorio, che nel breve tempo di due atti offra una così grande possibilità di espressione e di crescita artistica. Il primo atto, quello terreno, contrasta fortemente con il secondo, soprannaturale, come nella migliore tradizione romantica di cui Giselle è considerato la punta di diamante. La piccola contadina che impazzisce per amore e che dopo la sua morte ritorna come un’ombra inafferrabile a proteggere colui che ama, riesce – ancora e per sempre –  a commuoverci, esercitando un potere seduttivo senza uguali. La versione coreografica di Anna Razzi è piacevolmente fedele all’originale, sia nelle parti danzate che nei quadri mimati, mettendo in risalto la chiarezza (e la bellezza) dell’azione scenica. Già étoile del Teatro alla Scala e per venticinque anni alla guida della Scuola di Ballo del Teatro San Carlo, Anna Razzi ha interpretato il ruolo di Giselle numerose volte nel corso della sua lunga carriera. Nell’incanto delle scene disegnate da Raffaele Del Savio, con i costumi eleganti di Mario Giorsi e Giusi Giustino, e un disegno luci perfetto a cura di Carlo Netti, l’arte della danza ha trionfato. Marianela Nuñez non ha bisogno di presentazioni, è un’artista strabiliante per la tecnica cristallina, per l’intensità artistica e per la versatilità con cui passa dal ruolo di Kitri (in cui è insuperabile) a quello di Odette e via dicendo, sempre nel segno di una qualità inarrivabile. Giri da compasso, lunghi aplombs, batterie velocissime e un lavoro meraviglioso della schiena e delle braccia rendono sempre fluido il suo movimento. Allegra e spensierata nel ruolo della contadina, si è trasformata nella scena della pazzia (i capelli completamente sciolti rendono più sfacciata la vis drammatica) fino a diventare spirito evanescente nel secondo atto (con un tutù dimenticabile). Grande intesa col partner Vladislav Lantratov, primo ballerino del Teatro Bolscioi di Mosca, un Albrecht bello, elegante, di grande tecnica che nel secondo atto – in un corpetto con qualche lustrino di troppo – ha forse calcato un po’ sull’espressività, alla maniera russa. Leggiadra e altera Luisa Ieluzzi nel difficile ruolo di Myrtha, incisiva la presenza scenica di Ertugrel Gjoni in quello di Hilarion, che con grinta e bravura tecnica ha disegnato il personaggio cardine della vicenda in maniera eccelsa. Ottima prova per Salvatore Manzo e Candida Sorrentino nel piccolo gioiello che è il Passo a due dei contadini. Splendido il lavoro del Corpo di ballo – diretto con forza instancabile da Giuseppe Picone che ha dedicato lo spettacolo ad Elisabetta Terabust – curato in maniera dettagliata da Patrizia Manieri, per molti anni étoile del teatro (l’ultima ad aver danzato con Rudolf Nureyev alla Certosa di Padula), che ha reso un insieme perfetto, nel primo e nel secondo atto, superando egregiamente tutte le difficoltà che prevede il disegno coreografico. Al di là della selezione fisica o tecnica, la compagnia merita un plauso particolare per l’impegno profuso in un percorso a ostacoli – quello della danza nel nostro teatro – che demotiverebbe chiunque. Negli altri cast Claudia D’Antonio e Anna Chiara Amirante (Giselle), Denis Cherevychko (Albrecht), Martina Affaticato (Myrtha), Stanislao Capissi e Gianluca Nunziata (Hilarion).

Elisabetta Testa

 

 

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