Teatro Massimo di Palermo: “Giselle” di Ricardo Nunez con Svetlana Zakharova

Era un uomo speciale, oltre che un maestro meraviglioso. Grande competenza e qualità di lavoro, dalle classi alle coreografie, tante, in giro per il mondo dove la danza lo ha portato. Ricardo Nuñez, cubano, ha lasciato un segno in tutte le persone che hanno avuto la fortuna di lavorare con lui, nel lungo percorso che ha solcato la sua vita. A Palermo, nella magica cornice del Teatro di Verdura, rigorosamente gremito per l’occasione tanto attesa, è andato in scena il balletto Giselle, capolavoro del repertorio romantico creato nel 1841 da Jean Coralli e Jules Perrot sulla musica struggente di Adolphe Adam, diretta con fermezza dal maestro Aleksej Baklan. Un trionfo annunciato, ogni volta che viene messo in scena, per il particolare intreccio di elementi: amore, passione, tradimento, perdono, che dal primo atto – terreno e realistico – si sviluppa poi nel mondo totalmente irreale e soprannaturale popolato dalle villi, creature morte prima del matrimonio, tradite dai loro fidanzati e perciò vendicative.

La versione coreografica di Ricardo Nuñez – ripresa con grande cura e dedizione assoluta da Patrizia Manieri, con il supporto di Ugo Ranieri – si è rivelata molto ben articolata ed eseguita dall’intero corpo di ballo del Teatro Massimo. Particolarmente interessante l’aggiunta di vari inserimenti, sia musicali che coreografici, insoliti e singolari che hanno reso ancor più suggestivo lo spettacolo, soprattutto all’inizio del secondo atto, dopo l’ingresso in scena di Giselle, quando le villi compongono un intreccio a canone a dir poco singolare e mai visto prima.

Ariosa e ben costruita, con l’utilizzo di difficili sequenze tecniche, la coreografia punta l’accento sulla coralità del corpo di ballo che dalle danze allegre e spensierate dei contadini culmina nell’esattezza delle linee e nel vortice affannoso delle villi del secondo atto, con tanto di file perfette e unicità dei movimenti (braccia/teste) che spaziano dal canone (uno dopo l’altro) all’unisono, molto ben eseguiti, come un ricamo.

Protagonista assoluta l’étoile Svetlana Zakharova, stella luminosa della danza planetaria, che ha sfoderato una tecnica limpida e cristallina in ogni minimo passaggio, mettendoci tutta la delicatezza e l’interiorità di cui è capace. Braccia lunghissime, linee infinite, non manca di una sorprendente velocità nei giri e nelle batterie per poi spiccare grandi e leggiadri salti con le sue consuete aperture ‘alari’. Quello di Giselle non sarà, forse, il ruolo in cui convince di più (come ne Il lago dei cigni o La Bayadère in cui è davvero insuperabile) ma la bellezza della sua danza lascia un segno profondo ed è difficile resistere al fascino che sprigiona. Étoile del Teatro Bolscioi di Mosca e del Teatro alla Scala di Milano, è stata accolta dal pubblico con boati di applausi, in riconoscimento della sua arte che va sempre di più aprendosi a nuove avventure contemporanee.

Accanto a lei Denis Rodkin, nel ruolo del principe Albrecht, bello e dalla tecnica possente (con qualche infelice sbavatura qua e là) ha lasciato un po’ a desiderare nel coinvolgimento espressivo, elemento fondamentale per una storia così intrisa di forti emozioni come quella di Giselle. L’allestimento del Teatro San Carlo, con le splendide scene di Raffaele Del Savio e i delicati costumi di Giusi Giustino hanno contribuito a rendere unico lo spettacolo portato in scena da tutta la compagnia del Teatro Massimo di Palermo, in cui certamente hanno brillato Riccardo Riccio, incisivo e convincente nel ruolo di Hilarion, e Maria Chiara Grisafi, giovane ma molto ben guidata nello stile e dotata di una tecnica forte, in quello di Myrtha, la regina delle Villi.

Scroscianti e ben meritati gli applausi finali che confermano un ottimo lavoro svolto, nel segno della danza di qualità, in uno dei balletti più amati dal pubblico che, non a caso, attraversa i secoli per la forza dell’amore incondizionato che lo contraddistingue. Un amore che va oltre la vita.

Elisabetta Testa

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