"Quelli che la danza", quarta edizione

La danza contemporanea è in continua evoluzione. Seguirne il percorso è un’esperienza ogni volta diversa, non sempre entusiasmante. Non si sa quale sia il punto di arrivo, ammesso che esista, si può solo vivere l’emozione – quando c’è – ben consapevoli che il pubblico può non essere preparato a quanto accade in scena, e qualche volta può non comprendere. Certo è che l’immaginazione viaggia veloce e ognuno è libero di recepire a suo modo la potenza comunicativa della danza.La quarta edizione della rassegna “Quelli che la danza” sotto la guida di Alfredo Balsamo, direttore del Teatro Pubblico Campano con la consulenza artistica di Mario Crasto De Stefano, coinvolge 15 compagnie in tre comuni – Napoli, Salerno e Mercato Sanseverino – con un totale di 20 spettacoli: una bella occasione per seguire le novità più interessanti.Ad inaugurare la manifestazione è stato Alessandro Schiattarella (nella foto di Christian Glaus), giovane coreografo napoletano già allievo di Gabriella Stazio – Movimento Danza, con un passato nella compagnia di Maurice Bèjart ed un presente da freelance, che nella Sala Assoli del Teatro Nuovo ha convinto proprio tutti con “Altrove”, coreografia nata nel 2012 da un bisogno di esprimere una storia personale.Un lavoro molto intenso, della durata di venti minuti, che ha catalizzato l’attenzione del pubblico per la verità dolorosa che esprime in un linguaggio totalmente libero, fluido, di grande spessore.Affetto da una rara malattia neuromuscolare che lentamente ha trasformato il corpo facendo vacillare la sua identità, Alessandro Schiattarella ha avuto molto coraggio nell’affrontare un aspetto così delicato, mettendosi in gioco in prima persona. “Ho sentito la necessità di condividere questo disagio – racconta visibilmente emozionato per il successo riscosso – perché solo così posso alleggerire la tensione, rendere più leggero un peso che mi porto dentro. E’ la coreografia che mi ha ‘chiamato’. Il muro contro cui inizio a muovermi è un gioco attraverso il quale mi espongo, so di essere visibile. Posso decidere io quando mostrare la mia disabilità e quando nasconderla e così facendo si crea una doppia identità. Nel gioco di luci e ombre sono io che controllo come il pubblico mi vede e questo mi dà sicurezza, l’ombra è un alter ego forte. L’obiettivo è far vedere la forza nella vulnerabilità, riuscire a cambiare la debolezza in certezza.Lo sgabello che utilizzo è un elemento che pian piano si trasforma, prima mi dà sostegno poi mi nasconde diventando una gabbia.” Con la consapevolezza della realtà si arriva ad esplorare le differenze visibili ed invisibili che non sono più un limite ma diventano un modo nuovo per esprimersi. E non è poco.Nella stessa serata, sul palcoscenico del Teatro Nuovo, è andata in scena la Compagnia di Enzo Cosimi con “Sopra di me il diluvio”, Premio Danza&Danza 2014 come miglior produzione italiana dell’anno.Un lavoro fortissimo con un’unica interprete, Paola Lattanzi, dotata di accesa personalità teatrale, sicura di sé e perfettamente a suo agio in una coreografia che non lascia spazio a tenerezza e sdolcinatezze. Cruda, viscerale, rabbiosa, ansimante, ferita a sangue, ossessiva, devastata, e chi più ne ha più ne metta, regge la scena con grande bravura. Il rapporto conflittuale dell’uomo con la natura nella società attuale, percepito attraverso i sensi, è il tema di questo lavoro graffiante di Enzo Cosimi che ne ha curato la regia, la scenografia, le scene e i costumi. L’Africa violata, con tutto l’orrore di massacri senza senso, di morti innocenti, di dolore senza fine, riesce a dare – seppure lontanamente e con grande difficoltà – una lieve speranza per il futuro.In una sorta di rito tribale, spaventoso e inquietante,  sulla musica penetrante di Chris  Watson, Petro Loa, Jon Wheeler, “Sopra di me il diluvio” ha lasciato un solco più che un segno. Se l’intento era quello di scuotere fortemente lo spettatore, di portarlo in un inferno dei sensi, l’obiettivo è stato raggiunto in pieno. Anche se irreale e visionaria la performance di Enzo Cosimi lascia qualcosa di concreto: un forte e spiacevole senso di angoscia. Il nudo integrale? Anche se forse eccessivo e un po’ forzato, rappresenta il culmine di un vortice caotico che sigla la fine dello spettacolo.Tra i tanti ad esibirsi nella rassegna “Quelli che la danza” la Compagnia Borderline di Claudio Malangone, Zerogrammi, Adriana Borriello con la compagnia Atacama e poi ancora ARB Dance Company e Gennaro Cimmino della Compagnia Korper.Elisabetta Testa

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