Odette Marucci:”Ho fatto molti sacrifici ma se c’è la passione, niente può fermarti”

Ha le idee chiare e una grande determinazione. In pochi anni ha sommato molteplici esperienze, a partire dalla Scuola di Ballo del Teatro San Carlo dove si è diplomata otto anni fa, che l’hanno portata a raggiungere obiettivi sempre più alti, fino a ballare accanto a Josè Perez, nel ruolo di protagonista in West Side Story col Balletto di Benevento.

Com’è entrata la danza nella sua vita?

Mi è stata trasmessa nel grembo di mia madre, che ha una scuola di danza. Già a due anni e mezzo ero in sala e ho cominciato a muovermi sulla musica. Guardavo, insieme a mia sorella, videocassette del repertorio classico (oltre ai cartoni animati, ovviamente); in particolar modo Il Lago dei cigni mi ha sempre affascinato! Sin da piccola ho avuto voglia di ballare, non sono mai stata costretta a farlo.

Quali sono state le difficoltà?

Sicuramente ho fatto molti sacrifici, e insieme a me, i miei genitori che mi hanno sempre appoggiata. Mi sono dedicata completamente alla danza perché viaggiavo ogni giorno da Benevento a Napoli conciliando la danza con la scuola. Avevo il permesso di uscire prima per poter arrivare in tempo a lezione in teatro, dove stavo fino a sera. Arrivavo tardi a casa, distrutta, ma dovevo continuare a studiare ciò che non ero riuscita a finire durante il viaggio. Ho sempre rinunciato ad una vita sociale, ad uscire con gli amici o a partecipare alle gite scolastiche. In compenso ho instaurato dei bei rapporti all’interno della scuola di danza, in cui ho vissuto tanti momenti belli. Se c’è la passione niente può fermarti…rifarei esattamente ogni cosa!

Chi ha inciso di più nel suo percorso artistico?

La ricerca di un mondo che volevo scoprire dentro di me, la danza mi ha dato la possibilità di riconoscerlo ed esprimerlo. In questo è stata determinante la mia esperienza alla Scuola di Ballo del Teatro San Carlo ed il mondo artistico che ho vissuto nel mio percorso educativo, i miei insegnanti da cui ho imparato moltissimo e Anna Razzi, la direttrice, di cui non dimenticherò mai le parole dette. Mi hanno aiutata ad andare avanti.

È stato facile entrare nel mondo del lavoro, dopo il diploma?

No, questo è un periodo storico in cui l’arte in genere, e la danza in particolare, non sono al massimo della considerazione. Nonostante tutto ho sempre lavorato.

Qual è stata l’esperienza più bella finora?

Ce ne sono state diverse in realtà, ogni ruolo da protagonista mi ha lasciato qualcosa. Quella che ricordo particolarmente è stata quando la direttrice Anna Razzi mi ha scelta per il ruolo da protagonista ne La Bella Addormentata, in scena al Teatro San Carlo, nonostante avessi solo sedici anni e ci fosse già un’altra ballerina a farlo. É stata una grande responsabilità e allo stesso tempo un momento bellissimo della mia vita!

Che cosa guarda in un ballerino, che cosa la colpisce?

La tecnica e soprattutto quali emozioni mi trasmette. Credo che l’estetica provenga ovviamente da chi ci ha creato mentre la bellezza interiore nasce dalla crescita della propria consapevolezza che ci portiamo con noi, per molte vite vissute in scena, nei diversi ruoli interpretati o anche la sola ricerca di uno stato d’animo. Entrambe si uniscono creando la propria individualità e l’equilibrio tra loro. E’ questo ciò che mi affascina di un danzatore.

Che cos’è l’umiltà?

Credo sia l’arma fondamentale per ottenere risultati e andare avanti nel nostro ambito. Una vita senza umiltà è condannata a degenerare in una tremenda caricatura di se stessi. Quindi la ritengo una grande virtù.

Che cosa le piace del mondo della danza e che cosa non sopporta?

Attraverso la danza posso liberarmi ed esprimere ciò che sento, ciò che sono, ed è questo che mi piace e mi stimola ogni giorno. Non sopporto la competizione insana e soprattutto non sopporto il fatto che non sempre si vada avanti per meritocrazia. Non sopporto l’invidia. Personalmente ho sempre apprezzato i successi delle persone che conosco e sono felice di ciò che sono riuscita ad ottenere da sola, senza alcun aiuto.

Che cosa è cambiato nel mondo della danza negli ultimi anni, secondo lei?

Oggigiorno purtroppo non c’è molto lavoro. E non sempre si va avanti perché si è bravi, perché si meriti di lavorare. Non sempre si trovano spazi adeguati e in TV, che è il maggiore mezzo di comunicazione, spesso si presenta una danza di facile consumo legata esclusivamente all’audience.

Ballare al fianco di Josè Perez è stata un’esperienza formativa?

È stato un onore. Josè mi ha dato tantissimo sul lato interpretativo. Mi piace molto ballare con lui perché ho vissuto l’esperienza del passo a due e la costruzione, sulla scena, di una vita e di un amore struggente ed appassionato che emoziona e tocca le corde più intime dell’anima. Questo, seppur in maniera diversa, sia in Carmen che in West Side Story. Emozioni che insieme alla ricerca del perfezionismo tipico di Josè, hanno determinato una importante crescita in me sia come danzatrice che come artista.

Che cosa c’è nel suo futuro? Sogni…progetti…

Il mio sogno è realizzare ciò per cui sono partita: esprimere me stessa, il mio essere donna e artista in una collocazione di qualità ed in un contesto culturale in cui tutto questo sia realizzabile.

Che cosa la emoziona?

Mi emoziono spesso, specie nel vedere spettacoli, performance o ascoltare musiche che stimolano il mio animo. Quando danzo mi capita spesso di entrare così tanto nel personaggio o anche nel dover esprimere uno stato d’animo così intenso che mi commuovo. Come ad esempio in uno degli ultimi progetti per cui stiamo lavorando con la compagnia “Jas Art Ballet” di Sabrina Brazzo e Andrea Volpintesta, Elegie D’Amour, coreografato da Giorgio Azzone, che rappresenta le diverse fasi dell’amore, in cui io rappresento la crisi e il tradimento.

Quale dote non può mancare ad un ballerino?

Sicuramente una buona tecnica e belle linee ma soprattutto l’espressività, che vuol dire saper comunicare ed emozionare il pubblico. Inoltre credo che per essere un vero artista bisogna – oltre che lavorare fisicamente – leggere, vedere spettacoli, seguire tutto ciò che è arte e bellezza perché serve a raffinare l’anima e questa condizione è necessaria affinché un artista sia considerato tale.

Che tipo di ruolo predilige, classico, romantico, brillante…

Ho avuto modo, nella mia piccola esperienza, di interpretare ruoli opposti come quello di Carmen –  donna matura, violenta e appassionata, una popolana lontana dai nostri tempi ma vicina per la sua voglia di libertà e di amore – e quello di Giulietta – ragazza ingenua, sognatrice, travolta da questo amore impossibile per cui farà di tutto, anche uccidersi, o quello di Maria in West Side Story. Mi rispecchio in entrambi per diversi aspetti. Quello che mi ha affascinato in modo particolare è stato interpretare il ruolo di George Sand, con la compagnia diretta da Diana Ferrara, e le coreografie di Sabrina Massignani, artista spregiudicata che scelse un nome maschile, fumava il sigaro e vestiva da uomo per la libertà dello spirito e per un maggior riconoscimento sociale. Un travestimento che rappresenta la sfrontatezza e la sfida di una donna insoddisfatta, indipendente, con un passato di numerose relazioni e tendenze rivoluzionarie.

Che cos’è la danza per lei?

Il corpo che è anima e che si muove nella musica all’unisono… fino a diventare una cosa sola nello spazio scenico della vita.

Elisabetta Testa

 

 

 

No Comments

Rispondi