La compagnia dei Balletti Russi di Sergej Djagilev

L’avvento della compagnia dei Balletti Russi determina il momento capitale della rinascita della danza nel Novecento. Il suo debutto, il 18 maggio 1909 al Théâtre du Châtelet di Parigi, fu un vero e proprio avvenimento, tanto che la danza si divide in due periodi: prima e dopo i Balletti Russi.

Sergej Djagilev, carismatico impresario della compagnia, era un uomo intraprendente, un organizzatore geniale, appassionato dell’arte in generale ed in particolare della musica e del balletto.

Concepiti come la sintesi vivente di tre arti: musica danza e pittura, i Balletti Russi non potevano non sorprendere per la loro innovazione rispetto ai canoni classici della danza. Senza nulla perdere della sua estetica, la danza, staccandosi dai virtuosismi, mirava a nuove forme in cui l’espressione vinceva sul semplice desiderio di divertire. Accanto alla prima ballerina, che fino ad allora era stata la vera protagonista dello spettacolo, venne riabilitato il danzatore. Ridotto fino a quel momento a non essere altro che un discreto ausiliario, anche il corpo di ballo assunse un’importanza ed un’ampiezza sconosciute.

Mirabilmente regolate da Mikhail Fokin, le scene di massa – esemplari in tal senso le Danze polovesiane – catturarono l’attenzione del pubblico quanto i più sorprendenti virtuosismi dei ballerini.

Il tratto dominante dei Balletti Russi fu la stretta collaborazione tra coreografo, musicista e scenografo. Il risultato collettivo sorpassa di molto la somma dei talenti individuali che lo compongono.

Fino al 1914, la compagnia dei Balletti Russi non fu altro che una formazione temporanea costituita in gran parte da ballerini messi a disposizione dai Teatri Imperiali russi per la durata delle tournée all’estero, poi si trasformò in una compagnia autonoma.

La prima e più importante fase è quella che, partendo appunto dal maggio del 1909, arriva al 1914; la seconda a grandi linee muove dal 1917 e procede fino alla morte di Djagilev nel 1929.

Su una sessantina di lavori creati, almeno un terzo dell’intera produzione è presente nel repertorio di tutte le compagnie del mondo. I primi trionfi furono dovuti all’attrattiva della novità, all’esotismo, al lusso, che circondava ogni spettacolo ma anche, spogliati da tutti questi elementi, balletti come L’Oiseau de feu, Petruška, Shéhérazade, Le spectre de la rose, Les Sylphides, L’Après-midi d’un faune, restano monumenti assoluti della coreografia moderna.

Se si consulta la lista dei musicisti e dei pittori, scoperti ed invitati a collaborare da parte di Djagilev, si possono trovare tutti i nomi più significativi di quell’epoca eccezionale. Proprio a causa delle loro produzioni tanto audaci e appassionate, i Balletti Russi riuscirono a suscitare un enorme interesse per la danza fina ad allora sconosciuto.

Djagilev lasciò in eredità una costellazione di artisti, che per oltre un quarto di secolo, anche dopo la sua morte, occuparono un posto da protagonisti sulle scene mondiali. Da Léonide Massine a George Balanchine, da Serge Lifar a Bronislava Nijinska da Anton Dolin a Ninette de Valois.

Il primo periodo dei Balletti Russi, il periodo dichiaratamente ‘russo’, fu eccezionale. L’Oiseau de feu, che rivelò un giovane compositore di nome Igor Stravinsky e Shéhérazade, il cui Oriente leggendario stupì gli spettatori, furono i due grandi eventi della stagione del 1910. Quella successiva fu ancora più stupefacente. Due fra i balletti più esaltanti di Mikhail Fokin fecero la loro apparizione: Petruška e Le spectre de la rose.

La stagione del 1912 passò alla storia per la nascita di un altro imperituro capolavoro che suscitò un grande scandalo: l’Après-midi d’un faune, coreografato ed interpretato da un inimitabile Vaslav Nijinsky, il cui scandalo però dovette risultare minore se confrontato con quello cui andò incontro l’anno successivo Le Sacre du Printemps forse, più che per le innovazioni coreografiche dello stesso Nijinsky, per la violenza della musica di Stravinsky. La sera della prima rappresentazione, il 29 maggio 1913, la bagarre fu tale da superare ogni immaginazione: fischi ed ingiurie accompagnarono lo spettacolo.

Meno vivace risultò invece l’ultima stagione prima della guerra, in cui tuttavia si segnalò il ritorno di Mikhail Fokin, dopo la rottura per la preferenza accordata da Sergej Djagilev al pupillo Vaslav Nijinsky, nonché l’apparizione di un nuovo astro nascente di nome Léonide Massine.

La guerra disperse la compagnia. Con fatica Djagilev riuscì a riunire gli elementi necessari per una stagione a New York. Più tardi, in Spagna e in Portogallo conobbe giorni piuttosto amari. Tuttavia i soggiorni prima in Italia e poi in Spagna influirono sulla sua ispirazione. Dopo la Russia leggendaria, dopo il fastoso Oriente, i paesi mediterranei agirono in modo assai fecondo su molti artisti dei Balletti Russi. Tagliati i rapporti con la madre patria in seguito alla Rivoluzione russa, la compagnia aveva nel frattempo trovato a Parigi il suo centro di gravità. E’ anche per questo che Djagilev chiamerà a collaborare sempre più frequentemente nomi nuovi. Fra i giovani musicisti: Darius Milhaud, Francis Poulenc, Maurice Ravel ed Erik Satie. Quanto agli scenografi appaiono i nomi di Pablo Picasso, Giorgio De Chirico, Giacomo Balla.

Djagilev sente che una riforma, se vuole agire in profondità, deve coinvolgere tutte le forze nuove che operano in Europa. I tempi stavano cambiando, lo slancio e lo smalto non somigliavano più a quelli delle prime stagioni, cominciò a pesare una certa disaffezione del pubblico, dovuta agli avvenimenti sociali e politici e si aggiunsero anche le difficoltà finanziarie.

La compagnia, anche se nacquero altri capolavori, non fu più in grado di offrire i brillantissimi risultati d’un tempo, forse anche perché i programmi finirono col risultare troppo eclettici. Tuttavia il bilancio di questo secondo periodo non fu totalmente negativo. A partire da Parade (1917) si disegna il nuovo orientamento di Djagilev proiettato verso un’arte di rottura. Il celebre balletto parodistico di Léonide Massine provocò l’ennesimo scandalo anche se non della portata de  Le Sacre du Printemps.

Sarà proprio George Balanchine, ormai orientato verso la coreografia, a firmare gli ultimi balletti della grande stagione dei Balletti Russi: Apollon Musagète e Le fils prodigue. Anche se non furono compresi fino in fondo, sono autentici capolavori che chiuderanno una gloriosa avventura.

Un lungo ciclo si era concluso, lasciando alle nuove generazioni una grande eredità.

 

No Comments

Rispondi