"Kiss & Cry" inaugura il Napoli Teatro Festival

Una storia raccontata attraverso immagini create dal vivo, protagoniste: le mani, con le sue infinite possibilità di movimento. Forse una nuova forma di sperimentazione, forse no…fatto sta che lo spettacolo andato in scena al Teatro Politeama per l’inaugurazione della nona edizione del Napoli Teatro Festival che fa capo a Franco Dragone in qualità di direttore artistico, Kiss & Cry, si è rivelato suggestivo nell’idea, un po’ meno nella realizzazione. Forse troppo lungo, forse ripetitivo nelle immagini delle dita “danzanti” – un po’ poco per definirlo spettacolo di danza – ha certamente coinvolto l’immaginario collettivo per il tema fondante: “dove vanno le persone quando scompaiono dalla nostra vita e dalla nostra memoria?”.Veramente difficile dirlo, certo è che almeno in alcuni casi, sopraggiunge un sano ‘vuoto di memoria’ che dà la forza per andare avanti, affrontando nuove esperienze, nuovi tasselli del grande cammino della vita.Come succede alla protagonista della storia che, seduta sulla panchina di una stazione (‘Kiss & cry’ è il nome che viene dato alla panchina dove si siedono i pattinatori in attesa del giudizio dopo una esibizione…) ritorna indietro con la memoria e rivive tutta la sua vita amorosa contrassegnata da cinque storie, fugaci (la prima dura solo tredici secondi), intense, tristi, scontate, dolorose, inutili, avvincenti. L’immagine che più colpisce è certamente la caduta libera della persona scomparsa in un buco profondo che la porta direttamente in una scatola, che verrà ben chiusa. E’ la scatola della memoria, dove ciascuno di noi conserva i resti del proprio passato.Il palcoscenico è un grande set cinematografico sul quale si muovono sapientemente una decina di persone e in cui ogni elemento, dall’acqua al fuoco alla sabbia, al terreno, è rigorosamente vivo. Non si discute sulla bravura degli interpreti/artigiani/artisti che sommano esperienza e creatività da vendere. Anche perché partendo dal piccolo (sembra di essere piombati nel mondo di Gulliver ) si arriva inevitabilmente al grande, dal puntino al mondo intero perché “ogni universo ne contiene un altro più piccolo”. Nello spazio ampio del palcoscenico convivono i vari angoli preposti ai capitoli della vicenda, l’operatore non perde un secondo dell’azione appena nata dovendo proiettare sul grande schermo, in alto, le immagini prodotte dal vivo.Dalla platea si ha così una duplice vista: come si crea un’immagine, con tutto il dispendio di energia, velocità, sinergia, lavoro di squadra, e l’immagine ‘cinematografica’ pulita. Forse la cosa più emozionante dello spettacolo sono i testi – più nella prima parte che verso la fine – curati da Thomas Gunzig.Sarà perché sulla memoria si sono espressi i più grandi pensatori, scrittori, poeti e quant’altro ma è un tema che ritorna continuamente nella nostra vita, dove ogni momento passato diventa inevitabilmente ricordo.Ideato da Michèle Anne de Mey e Jaco Van Dormael, che ne ha curato anche la regia, Kiss & Cry ha avuto il sostegno di una musica malinconica e coinvolgente che ha spaziato da Handel a Vivaldi passando per Ciajkovsky, Ligeti, Gershwin e John Cage.La memoria è silenziosa e ha bisogno di tempo.Elisabetta Testa

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