Isabelle Ciaravola, "le cose belle della danza sono le più complicate"

E’ definita “les jambes de l’Opéra”. Elegante, carismatica, bella da morire, Isabelle Ciaravola – étoile dell’Opéra di Parigi – è nata ad Ajaccio, la città di Napoleone Bonaparte. Una lunga carriera luminosa alle spalle che ha vissuto da protagonista al fianco di grandi ballerini, in uno dei teatri più prestigiosi del pianeta, tempio mondiale della danza. Premio “Benois de la danse”, Cavaliere dell’ordine delle arti e delle lettere, Legione d’onore, Isabelle Ciaravola- corpo statuario dalle linee infinite- lontano dai riflettori è una donna gentile e comunicativa, sensibile e curiosa che ha il dono di saper catturare l’attenzione di chi l’ascolta.

Com’ è entrata la danza nella sua vita?

Sono nata in una famiglia di melomani, proprietari di un negozio di strumenti musicali dove ogni giorno, ascoltando la musica classica, ballavo senza sosta. Ho cominciato a studiare danza in Corsica poi a tredici anni mi sono iscritta al Conservatorio Superiore di Parigi dove sono rimasta per tre anni. Ho frequentato la Scuola dell’Opéra negli ultimi due anni del mio percorso artistico, subito dopo il diploma sono entrata nel corpo di ballo dove sono diventata prima ballerina e poi étoile.

Ha un fisico meraviglioso, dotatissimo…che cosa è stato difficile per lei?

Tutto, le cose belle della danza sono le più complicate. Le mie proporzioni – busto corto e gambe lunghe – non aiutano la velocità di esecuzione, caratteristica della scuola francese. Ho dovuto lavorare proprio tanto.

Un lungo percorso nella compagnia dell’Opéra di Parigi, una delle migliori del mondo ma anche tra le più competitive.

Come ha vissuto la sua esperienza?

E’ una compagnia fortemente strutturata e molto rigida, con una gerarchia rigorosa. Farne parte significa anche accettare una lunga gavetta, bisogna saper aspettare la propria occasione. Da giovani si passano molte ore seduti per terra a guardare i più grandi, ad imparare, nell’attesa che venga il proprio turno: centosessanta ballerini non possono andare tutti in scena contemporaneamente.

Per passare di ruolo vengono indette delle audizioni annuali che personalmente non ho mai amato ma rappresentano l’unico modo per andare avanti. Nella durata di una variazione – due minuti circa – bisogna convincere proprio tutti incarnando perfettamente il personaggio che si rappresenta.

Nel periodo delle audizioni si respira un’aria molto tesa perché non tutti gli anni c’è lo stesso numero di posti da occupare, possono essere due o venti, e non sempre vincono i migliori.

Che cos’è l’umiltà per lei?

Rimettersi in discussione ogni giorno. Rimanere con i piedi per terra, continuare a farsi domande sul proprio lavoro quotidiano, accettare le correzioni dei coreografi, avere fiducia nei maestri. Nel ruolo di étoile si può fare ciò che si vuole, a me piace restare umile perché è l’unico modo per migliorare. L’ètà gioca un ruolo strano, l’ego aumenta e ascoltare diventa forse più difficile.

Che cosa rappresenta il corpo per lei?

E’ uno strumento, un tempio che riceve l’anima. E’ la mente che deve dirigere il corpo. Avendo un fisico molto duttile sono stata infortunata tante volte, con l’età ho capito che devo averne più cura. Sono seguita costantemente da massaggiatori e fisioterapisti per prevenire eventuali problemi.

Che cosa le piace del mondo della danza e che cosa odia?

Non sopporto lo spirito competitivo che da un lato ci spinge ad andare avanti ma dall’altro provoca gelosie, inutili e dannose. E’ molto facile criticare ma penso sempre che prima di farlo bisognerebbe mettersi nel mio corpo, nella mia età, nella mia esperienza… Quello che amo è la scena, in tutti i suoi risvolti..

Che cosa la emoziona nella vita?

Sono una persona che ha sofferto tantissimo ma è stato utile nella mia carriera perché tutto ciò che ho vissuto mi ha riempito l’anima, andando in scena con tutti i miei problemi quotidiani mi sono liberata, la danza mi ha aiutato più di uno psicologo. Convivo costantemente con i miei dolori, le mie inquietudini, sono una persona molto sensibile.

Com’ è cambiata la danza in questi ultimi anni?

C’è stata una evoluzione, e meno male perché l’arte in generale deve andare sempre avanti! Il proliferare della danza contemporanea ha fatto si che quella classica si sia un po’ staccata da tutte le nuove tendenze, grazie anche alla bravura di ottimi ballerini. La tecnica è diventata molto più complicata.

Chi è il suo mito, se ne ha uno?

Sylvie Guillem. Ha cambiato il modo di ballare, c’è un prima e un dopo di lei.

Quanto conta la cultura per un danzatore?

Se devo preparare un ruolo faccio delle ricerche approfondite ma a volte la coreografia  ti aiuta ad entrare nel ruolo, è disegnata e creata per quel personaggio. L’immaginazione è più importante della conoscenza.

Oltre a ballare si dedica all’insegnamento, che cosa l’ha spinta a farlo?

Mi piace plasmare un ballerino. Insegnare significa essere generosi, trasferire la propria esperienza.

Che cosa la colpisce in un danzatore?

L’emotività.

Che cos’è la danza per lei?

La mia vita.

Elisabetta Testa

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