
29 Feb Don Quijote al Teatro San Carlo: un’esplosione di allegria
Grande balletto del repertorio classico, coinvolgente e vitale, Don Quijote è sempre un titolo molto atteso da chi ama la danza. Creato nel 1869 dal gran genio di Marius Petipa – coreografo fertile e raffinato che ha saputo caratterizzare ogni ruolo della sua immensa produzione artistica – è una vera e propria esplosione di allegria, tra ritmi incalzanti e marcata espressività, in un clima spagnoleggiante di festa e puro divertimento. Capolavoro della letteratura mondiale, il celebre romanzo di Miguel de Cervantes Don Quijote de la Mancha, scritto tra il 1598 e il 1604, ha cominciato ad affascinare il mondo del balletto nella prima metà del Settecento. Idealista, sognatore, visionario, “cavaliere errante” per difendere i più deboli, Don Chisciotte combatte contro i mulini a vento scambiandoli per giganti e da questi suoi scontri immaginari risulterà sempre sconfitto, provocando l’ilarità di chi assiste alle sue gesta folli. Un personaggio così non poteva non attirare l’attenzione di pensatori, letterati, musicisti e spettatori comuni come simbolo di un idealismo spinto alle sue estreme conseguenze. Facilmente rappresentabile nel linguaggio coreutico – non avendo particolari tessuti drammaturgici da raccontare se non la storia d’amore tra Kitri e Basilio – l’intreccio punta l’accento sull’espressione corale che colora la scena e sottolinea le azioni danzate.
La versione coreografica proposta al Teatro san Carlo, in scena fino a martedì 3 marzo, è firmata da Aleksej Fadeečev, realizzata con grandi sforzi, il consueto entusiasmo e un ottimo impegno da parte del corpo di ballo diretto da Giuseppe Picone, appare tuttavia un po’ statica e poco coinvolgente nelle scene di piazza in cui vige una inconsueta omologazione che in qualche momento tende ad appiattire l’azione scenica. I due protagonisti, Maria Kochetkova e Daniil Simkin (nella foto di Luciano Romano), hanno espresso la loro arte senza lasciare un segno particolare. Lei, moscovita di nascita e di formazione (ha studiato alla Bolshoi Ballet School) è sicuramente una ballerina molto graziosa, minuta, con belle linee e una tecnica pulita ma, forse, poco convincente in un ruolo che, per quanto difficile, scatena grandi entusiasmi ed ha forte impatto sul pubblico perché caratterizzato da charme all’ennesima potenza, carica vitale, seduzione, femminilità, spavalderia. Lui, russo di nascita – da quando aveva tre anni è andato a vivere a Wiesbaden con i suoi genitori, entrambi ballerini – ha sfoderato una salda sicurezza scenica unita a salti e giri – tanti – ma non sempre all’insegna della pulizia tecnica. Qua e là qualche piccola sbavatura nei passi a due non ha minato l’esecuzione di entrambi (senza ventaglio la celeberrima variazione femminile del terzo atto) che ha riscosso grande successo da parte del pubblico. La bellissima musica di Ludwig Minkus, estremamente danzante e molto evocativa, caratterizza Don Quijote come balletto d’azione e il racconto coreografico in cui emerge il quadro delle driadi (in scena anche gli allievi della Scuola di Ballo diretta da Stéphane Fournial) con Dulcinea (alter ego di Kitri) emblema di un amore ideale, si perde un po’ per strada, come è giusto che sia, lasciando il posto ad una sequenza di danze virtuosistiche che hanno tanta presa sugli spettatori. Le scene colorate e di atmosfera, ed i costumi (non in perfetta sintonia cromatica quelli dei due protagonisti) firmati da Viačeslav Okunen – tutto l’allestimento dello spettacolo è del Teatro Statale di Opera e Balletto di Tbilisi – hanno contribuito al grande successo atteso, in un teatro San Carlo gremito di pubblico, che ha portato una ventata di leggerezza in un periodo delicato. Nel secondo cast si alterneranno Claudia D’Antonio e Alessandro Staiano nei ruoli principali, elementi di punta del nostro teatro.
Elisabetta Testa
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