Danilo Notaro:”L’umiltà? Essere qualcuno e non vantarsene”

Serio, determinato, dotato di belle linee e di una spiccata sensibilità d’animo, Danilo Notaro (nella foto di Federica Capo), napoletano, è uno dei giovani e promettenti ballerini della compagnia del Teatro San Carlo. Subito dopo il diploma ha cominciato a lavorare con il corpo di ballo dove, in poco tempo, si è fatto notare per la bellezza, la pulizia   tecnica e la presenza scenica. Più piccolo di tre fratelli, ha alle spalle una famiglia molto unita che lo sostiene in ogni traguardo raggiunto e questa forza interiore traspare nella sua serenità di essere.

Com’è entrata la danza nella sua vita?

Da piccolo alcune mie amiche studiavano balli latino-americani, per due anni ho frequentato anche io il corso poi l’insegnante, intravedendo le mie attitudini, mi ha proposto di fare l’audizione per entrare alla Scuola di Ballo del Teatro San Carlo, a quell’epoca diretta da Anna Razzi. Avevo nove anni quando ho cominciato il primo corso professionale di danza classica.

Che cosa è stato difficile: la disciplina, il rigore, la rinuncia al tempo libero…?

Forse proprio la disciplina…quando ho cominciato non sapevo cosa fosse la danza classica, un lavoro fisico impegnativo e faticoso che ti fa sentire ogni parte del corpo.

Chi sono stati i suoi insegnanti?

Antonina Randazzo e Fausta Mazzucchelli; Marta Iris Fernandez, solo per l’ultimo anno, e naturalmente Anna Razzi.

Chi ha inciso di più nel suo percorso artistico?

Sicuramente Giuseppe Picone, attuale direttore del Corpo di Ballo del Teatro San Carlo, per le opportunità che mi ha dato di danzare in ruoli più importanti, ognuno dei quali mi ha arricchito ma quello che mi è piaciuto di più è stato il Principe de Lo Schiaccianoci.

Che cosa la colpisce in un ballerino: il corpo, la bellezza, la musicalità, l’intelligenza…?

Sicuramente un fisico dotato di belle linee ma deve avere anche un’anima. La personalità è fondamentale per l’interpretazione: trasmettere ad un’altra persona ciò che senti mentre danzi è una piacevole sensazione che lascia il segno.

Lei ha un corpo estremamente dotato…ha avuto difficoltà nello studio?

Un po’ nella velocità di esecuzione, preferisco tempi più moderati…

Che cosa le piace e che cosa non sopporta del mondo della danza?

Amo la bellezza del nostro teatro, gli applausi del pubblico, il lavoro di gruppo che pian piano costruisce l’insieme; non mi piace la competizione: ognuno vive la propria arte a suo modo, siamo tutti diversi, ciascuno con le proprie emozioni, i propri pensieri, il proprio modo di essere e di sentire la danza.

Che cosa la emoziona nella vita, nell’arte?

Mia madre. Sembra banale ma ogni volta che interpreto un ruolo penso a lei, a quanto sia contenta per me…ho un rapporto molto stretto con lei. La mia famiglia ha sempre appoggiato le mie scelte, non mi ha mai costretto a fare cose che non volevo fare.

Senza pensarci troppo mi dice tre aggettivi nei quali si identifica?

Sincero… un po’ insicuro… allegro…

E’ un momento difficile per il Teatro San Carlo che cosa vede nel suo futuro?

Purtroppo noi giovani siamo in una brutta situazione, non abbiamo alcuna certezza per il futuro, a fine novembre scadrà il contratto e non sappiamo che cosa succederà…non c’è niente di scritto…questa è la preoccupazione più grande! A volte penso che dovrei cominciare a guardarmi intorno per cercare lavoro altrove, magari all’estero ma non voglio lasciare Napoli e il mio percorso fatto finora.

Qual è stato il momento più bello del suo percorso artistico?

Quando ho danzato come protagonista ne Lo Schiaccianoci, insieme alle mie partner, Claudia d’Antonio e Sara Sancamillo, abbiamo lavorato tanto! Sono stato molto soddisfatto del risultato e oltre all’aiuto e al supporto di Giuseppe Picone ho sentito la presenza della compagnia accanto a me.

Com’è cambiata la danza in questi ultimi anni secondo lei?

La tecnica è andata molto avanti, la resistenza fisica è spinta a livelli altissimi ma è giusto così. Un vero artista dovrebbe però dare la giusta importanza sia alla tecnica che all’interpretazione.

Qual è una dote che non può mancare assolutamente ad un ballerino?

Le doti fisiche e una bella presenza scenica.

Che cos’è l’umiltà?

Essere qualcuno e non vantarsene…una persona umile ha più capacità di ascoltare e quindi di migliorare.

Le è mai capitato di avere paura prima di andare in scena, di pensare di non farcela?

Quasi sempre, ma forse è emozione più che paura. E’ l’ansia da prestazione, non vuoi deludere il pubblico e neanche te stesso dopo tante prove fatte.

Ce l’ha un sogno, un obiettivo da raggiungere?

Diventare un giorno primo ballerino…

Che cosa rappresenta per lei il Teatro San Carlo?

Un privilegio, anche se dopo tanti anni che lo vivi ti abitui un po’ a tanta bellezza…resta comunque il teatro del cuore, è come una casa per me, passo più tempo in teatro che con i miei genitori.

E’ soddisfatto di quanto ha fatto finora?

Direi di sì, non ho rimpianti né rimorsi.

Che cos’è la danza per lei?

Il mio modo di vivere, diverso dagli altri. E’ parte di me.

Elisabetta Testa

 

 

 

 

 

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