Carlo De Martino :"Oggi c’è tanta tecnica e poca arte"

Una passione sfegatata per Christina Aguilera, due fratelli (Raffaele e Rita) entrambi ballerini, allegro e sorridente nonostante un lungo periodo buio della sua vita dovuto a numerosi e complicati interventi chirurgici, Carlo De Martino, napoletano, ha una grande forza dentro di sé. Dopo il diploma al Teatro San Carlo, dal 2008 lavora in compagnia e, grazie alla sua tecnica virtuosistica e alla immancabile grinta che sprigiona sulla scena, ha interpretato ruoli da solista e primo ballerino, come nel recente gala dedicato a Carla Fracci in cui ha brillato nei panni di James, protagonista de La Sylphide.Com’è entrata la danza nella sua vita?Da piccolo ho avuto un infortunio, fui investito da una macchina e durante la fase della mia ripresa mia cugina mi invitò al suo saggio di danza. Decisi subito di cominciare a studiarla – avevo solo otto anni – ma ero attratto dai balli da sala, fu la mia maestra a dirmi che dovevo cominciare dalla danza classica. Dopo il primo intervento, viste le mie attitudini, mi consigliarono di fare l’audizione per la Scuola di Ballo del Teatro San Carlo, dove fui preso al secondo corso. Studiavo con la maestra Antonina Randazzo che è stata il mio punto di riferimento.Quali sono state le difficoltà?Riprendermi ogni volta dopo gli infortuni, non ho avuto degli interventi molto semplici…ho dovuto allungare il femore di sette centimetri e sono stato fermo tantissimo tempo. Questa situazione mi ha fortificato il carattere, ora sono molto sicuro di me, non mi arrendo davanti a niente. Anche se ci vuole tanto tempo riesco a superare qualunque ostacolo, con forza e capacità.C’è qualcuno in particolare che ha segnato il suo percorso artistico?Il maestro Andrei Fedotov, col quale ho lavorato nella preparazione del gala dedicato a Carla Fracci, è uno dei pochi veri maestri rimasti in circolazione. Tra i ballerini Rolando Sarabia che mi ha dato una grande quantità di consigli, sulla tecnica, su come affrontare le difficoltà in scena.Che cosa la colpisce in un ballerino? La tecnica, l’espressività, le doti?La prima cosa che noto è l’umiltà, poi guardo il senso artistico anche se di primo impatto si notano le potenzialità tecniche. E’ importante saper stare in scena, trasmettere al pubblico delle emozioni, la quantità di pirouettes non commuove mentre un semplice port de bras può comunicare mille sensazioni, un gesto sentito può far venire la pelle d’oca. Sono uno che cerca la qualità più che la quantità, cosa che ho imparato crescendo…la maestra Antonina Randazzo me lo diceva sempre! Ho seguito il suo consiglio e naturalmente voglio ringraziare la signora Anna Razzi, mia direttrice, che ci ha insegnato tantissimo a partire dalla disciplina e dal rigore, cose che oggi si sono un po’ perse…Che cosa le piace del mondo della danza e che cosa non sopporta?Non sopporto le persone arroganti che non sono umili e non sono leali. La nostra è una professione stupenda e non merita di essere trattata male. Non accetto di vedere persone incompetenti e che non sappiano ballare andare avanti rispetto a chi magari merita di più ma non ha raccomandazioni, che purtroppo esistono. Mi fa soffrire vedere un ragazzo meritevole che non riesce a farsi strada per colpa di blocchi burocratici, ho tantissima fiducia nel Signore, sono molto credente e per qualsiasi cattiveria mi venga fatta io mi affido alle sue mani. E’ grazie a Dio se dopo cinque interventi alla gamba destra io mi trovo ancora qui, in teatro, a ballare. Le cose che mi piacciono sono talmente tante che non riesco neanche a dirle tutte…la soddisfazione più grande è l’applauso del pubblico al termine di una esibizione, che ti ripaga di tutto il lavoro fatto. Il calore e la gratitudine del pubblico mi danno grande carica e felicità.La sua caratteristica è una tecnica virtuosistica, acrobatica, guizzante, quanto è impegnativo questo traguardo?Non sono nato con questa tecnica, ho lavorato molto per costruirla, mi sono formato nella compagnia, ho osservato scrupolosamente i ballerini più bravi di me, in sala, durante le prove, cercando sempre i particolari. Provavo a ripetere quello che vedevo fare agli altri, naturalmente ognuno di noi è diverso, ma tutto sommato non ho avuto grandi difficoltà a mettere in pratica i passi più complicati, me li sentivo naturali anche se ho lavorato giorno dopo giorno senza staccare mai, fin da piccolo.Qual è il ruolo più bello che ha danzato al Teatro San Carlo?Quello di Mercuzio in Romeo e Giulietta che ho danzato accanto a Leonid Sarafanov, anche lui mi ha dato tanta forza e mi ha aiutato sulla tecnica, non ci potevo credere…avere dei consigli da una étoile così importante non è poco.Mi dice tre aggettivi che la rappresentano?Leale, umile, solare.Che cosa è cambiato nel mondo della danza?Sono cambiati i ballerini, quello che vedo in giro è tanta tecnica e poca arte. Basti pensare a Carla Fracci, ogni suo gesto è arte pura che racconta una storia, ti regala un’emozione. Certo un bel corpo dotato e una buona tecnica sono importanti ma dovrebbero essere una base per costruire il lato espressivo-artistico. Ci sono anche bravi ballerini che in sala rendono meno rispetto alla scena, dove si sentono più a loro agio.Che cosa la emoziona nella danza?Se capita che un giorno non vado in teatro mi sento vuoto, come se sentissi una parte di me che non è con me, avverto una sensazione di distacco, mi sento inutile. La verità è che sono cresciuto con la danza, la Signora Razzi mi ripeteva sempre: ”Ma perché non ti metti una brandina in teatro così dormi qui e sei già pronto per domani?” Non me ne volevo mai andare dal teatro…Miti, modelli? E il suo ruolo preferito qual è?Mikhail Baryshnikov, un mito che non tramonterà mai! E’ l’unione perfetta di tecnica, stile ed espressività. I miei ruoli preferiti sono: Basilio nel Don Chisciotte, Alì ne Le Corsaire e poi amo molto due balletti: Fiamme di Parigi e Stars and Stripes, pieni di difficoltà ma elettrizzanti come fuochi d’artificio.Da otto anni fa parte del Corpo di Ballo del Teatro San Carlo, che cosa significa per lei?Ballare in questo teatro è prima di tutto un onore, è un teatro meraviglioso. Tanti miei colleghi mi danno consigli affettuosi, qualcuno di più qualcuno di meno ma va bene così. Per un anno ho fatto parte della compagnia di Victor Ullate, in Spagna, poi purtroppo ho dovuto lasciare e sono ritornato nel mio teatro. Sono legatissimo alla mia famiglia e ai miei due fratelli, Raffaele e Rita, che sono la mia vita, la metà del mio cuore.Che cos’è la forza?Da tre mesi abbiamo un nuovo direttore, Giuseppe Picone, mi conosce da sempre e ogni volta che mi vede ballare mi dice:” Carlo, tu sei il miracolo della danza!”. Dopo tutto quello che ho dovuto superare la forza è non arrendersi mai! Io non mi sono mai arreso nonostante mi facessero un quadro nero del mio futuro, mi ripetevano che non avrei potuto più ballare, nessuno mi dava certezze. Dopo l’intervento più delicato ogni giorno che passava era un giorno di vita nuova, piangevo e facevo le terapie convinto che non mi sarei mai arreso, senza far avvilire chi mi stava intorno, soprattutto i miei genitori e la mia famiglia. Volevo solo guarire e riprendere a ballare e ringraziando Dio ce l’ho fatta!Lei ha fatto parte anche del programma “Amici”, anni fa, che esperienza è stata?Ho fatto otto provini, giusto per tentare, sono stato preso e non ci credevo. E’ stata una esperienza unica anche perché la televisione mi è sempre piaciuta tantissimo. Ho voluto portare la mia danza, per il breve periodo che ho vissuto ho imparato tantissimo, purtroppo mi sono rotto i legamenti crociati mentre ballavo Le Corsaire, quindi ho avuto un altro intervento e sono stato fermo per un anno e mezzo, dopo tre anni che avevo fatto l’allungamento del femore. Era un mio sogno da piccolo partecipare al programma, vedevo Anbeta e pensavo di voler provare anche io. E’ stata una bellissima esperienza.Un consiglio a chi comincia lo studio della danza?Intraprendere il percorso di studi in maniera seria, è una professione difficile ma bella, piena di sacrifici che verranno ripagati col tempo. Si deve dare il cuore, l’anima, farlo superficialmente non serve a niente. Non c’è soddisfazione più grande di raggiungere un obiettivo per cui si è faticato tanto. Prima di arrivare ai ruoli di primo ballerino è importantissimo far parte del corpo di ballo, è qui che il danzatore si forma non nel ruolo da solista.Che cos’è la danza per lei?Un qualcosa di cui non riesco a fare a meno per vivere… è forza, è vita. Come dice Billy Elliot nel film:” E’ elettricità”. E’ scontato e banale ma è la verità, quando entro in palcoscenico non capisco più niente, mi trasformo, mi piace farmi notare, mi voglio distinguere. La tensione c’è sempre, dopo tanto lavoro ognuno di noi vuole dare il meglio di sé ma appena si alza il sipario mi isolo dal resto del mondo, penso solo a me, a divertirmi.Elisabetta Testa

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