21 Ago August Bournonville: uno stile inconfondibile
Danzatore e coreografo, nacque a Copenhagen il 21 agosto 1805. Al suo nome si lega uno dei capitoli più affascinanti della storia del balletto dell’Ottocento. A lui – fondatore del balletto danese – pur nel rispetto della tradizione accademica, si deve la creazione di uno stile originale i cui tratti salienti sono da individuare nella perfetta rifinitura di ogni passo che viene impreziosito e reso più brillante dal rilievo dato alla mezza punta (contrariamente alla moda del periodo romantico), alla leggerezza e facilità del “ballon”, alla graziosa compostezza del “port de bras”, al sapiente impiego delle batterie, al veloce lavoro dei piedi, il tutto alieno da ogni apparenza virtuosistica. In Danimarca, i palcoscenici erano molto piccoli e il coreografo sviluppò al massimo il salto verso l’alto, con cambi di direzione veloci ed improvvisi.
Bournonville ricevette i suoi primi insegnamenti dal padre – il ballerino e coreografo Antoine – ma la sua vera educazione, severa e rigorosa, avvenne a Parigi, dove il padre lo mandò giovanissimo presso il grande Auguste Vestris. Tale disciplina non gli impedì, nella sua futura parabola di ballerino e di coreografo, di guardare alla danza accademica anche con un certo humour e lasciare che fosse intelligentemente contaminata dalla danza popolare, conosciuta ed apprezzata nel corso dei suoi molti viaggi soprattutto in Italia, da lui molto amata.
A Parigi, terminati gli studi, ebbe le sue prime scritture. Dopo l’Opéra e il King’s Theatre di Londra, tornò a Copenhagen – dove svolse la maggior parte della sua carriera – e nel 1828 venne nominato primo ballerino del Teatro Reale. Allestì la sua nuova versione de La Sylphide di Filippo Taglioni. Sulla musica non più di Schneitzhoeffer bensì di Herman Lovenskjold, il balletto veniva rimodellato secondo il suo stile coreografico dalla lucente eleganza compositiva, in cui ogni passo venne levigato con perfezione tecnica.
Dissidi con alcuni elementi del teatro, senza escludere l’ostilità procuratagli da Lucile Grahn per certe sue preferenze accordate, in contrasto con le regole del tempo, ai danzatori di sesso maschile, lo portarono dopo quel primo e lungo periodo danese ad arrivare in Italia (in particolare a Napoli, città dalla quale trasse stimolanti suggestioni, e a Milano), per poi trasferirsi a Vienna e a Stoccolma, dove fu invitato a dirigere il Teatro Reale.
Bournonville firmò poco meno di una quarantina di lavori tra balletti e divertissements. Molti dei quali suddivisibili tra quelli più dichiaratamente di carattere umoristico e quelli invece più strettamente influenzati dalle danze popolari. Tra i primi, e certo il più importante, fu Konservatoriet (1849) su musica del compositore Holger Simon Paulli. Breve balletto, un atto soltanto, a metà strada tra l’intrattenimento e l’esibizione accademica, porta in scena un maître de ballet parigino (probabilmente il suo maestro Vestris) che dà lezione agli allievi. Al secondo, e più numeroso gruppo, appartiene Infiorata a Genzano (1839). Ambientato nelle Fiandre in un tardo Seicento e ispirato alla pittura del tempo, sempre su musica di Paulli, altro suo balletto importante fu Kermesse à Bruges. Soprattutto attraverso i ruoli dei tre protagonisti (tre fratelli), Bournonville, in un giusto equilibrio con le parti femminili, valorizzava ampiamente la danza maschile. Fedele al suo ideale coreografico di non accettare il ruolo secondario attribuito soprattutto in Francia al ballerino, Bournonville si fece infatti sempre un punto d’onore di dare ai danzatori la loro giusta importanza. Anche questo balletto, in cui si fa un imponente uso della batterie e dei grands-jétés, è rimasto sempre in repertorio a Copenhagen, come del resto Napoli o Il pescatore e la sua sposa (Teatro Reale Danese, 29 marzo 1842) giustamente considerato il suo capolavoro. Di un anno posteriore a La Sylphide, anch’esso si presenta come un grande esempio di balletto romantico ma di un romanticismo che cambia le sue atmosfere e i suoi colori nei riflessi di una luce più calda e meridionale, entro una cornice mediterranea che esalta la gioia di vivere e di comunicare serenità e allegria. Perfetta miscela di danze popolari e di luminosità tecnica accademica, Napoli, fedele specchio del folclore partenopeo, è il frutto perfetto di un coreografo e di un danzatore (fu lo stesso Bournonville ad interpretare Gennaro, il protagonista) che soleva ripetere di aver danzato “soprattutto con la felicità di vivere e di trasmettere allegria”.
Bournonville si ritirò definitivamente dalle scene solo due anni prima della morte avvenuta il 30 novembre del 1879. Lasciò un’autobiografia e due brevi scritti di carattere teorico uno dei quali, Etudes choréographiques, 1861, si presenta come una sintesi del suo modo di operare per linee sempre chiare ed espressive.
Lo stile di Bournonville è rimasto pressoché intatto fino ai nostri giorni ed è considerato il vero discendente dello stile francese dell’Ottocento.
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