Soimita Lupu: "innamoratevi dell’arte più che della tecnica fine a se stessa"

Allegra, solare, comunicativa, quando parla è un fiume in piena. Tantissimi i ricordi di una vita che da Timisoara l’ha portata a Bucarest per inseguire il sogno di studiare danza. Tra mille difficoltà, una fra tutte la lontananza dalla famiglia, Soimita Lupu (nella foto di Gennaro Maffettone) – per ventidue anni prima ballerina del Teatro Massimo di Palermo e da circa un anno insegnante dei corsi superiori alla Scuola di Ballo del Teatro San Carlo – continua ad andare avanti per la sua strada, con grande determinazione.Cominciamo dall’inizio…Sono nata a Timisoara, in Romania, ma a nove anni sono andata a studiare alla Scuola del Teatro dell’Opera di Bucarest. Sono figlia d’arte perché mio padre era primo ballerino dell’Opera di Timisoara, mi portava spesso a teatro e io mi sono innamorata della bellezza dell’arte, del profumo del palcoscenico, dell’odore dei trucchi. Mia madre non è una ballerina né un’attrice ma secondo me è un’artista mancata, è stata lei a decidere che io restassi a Bucarest. Il primo anno non andò molto bene, la mia maestra era convinta che non avrei mai fatto la ballerina. In effetti ho avuto un percorso molto lento e sofferto…piangevo tre volte al giorno perché mi mancavano i miei genitori con i quali avevo un legame molto forte, la danza mi piaceva ma come può piacere a tutti…è un istinto primario, tutti i bambini ballano. Mio padre era un po’ scoraggiato dopo questo inizio, non sapevo neanche pettinarmi e spesso la maestra non mi faceva entrare in sala… Ho vissuto tanti anni in collegio con una signora anziana che era come una nonna e si occupava di me perché non mangiavo granché. Ogni volta che papà veniva a prendermi per portarmi a casa volevo fargli vedere quello che avevo imparato e lui lavorava con me, in maniera molto dura. Ha saputo tenermi con i piedi per terra, e lo ringrazio per questo. Avevo tanti problemi ma non ha mai dato la colpa all’insegnante, continuava a ripetermi che dovevo lavorare con impegno, mi ha sempre sostenuto. Un giorno mi ha raccontato che vedendomi fare un port de bras ha pensato: ‘forse questa bambina ha qualcosa…’Poi che cosa è successo?A tredici anni ho avuto una svolta improvvisa, volevo essere la migliore. Mi è capitata come maestra una ballerina dell’Opera di Bucarest, una persona molto estrosa che mi ha insegnato il ruolo di Odette, mi parlava di Giselle, mi faceva sentire un’artista! Quell’anno ho fatto un gran lavoro e mi hanno dato il massimo dei voti, tutti si chiedevano:” Ma chi è questa bambina? Perché non l’abbiamo notata fino ad ora?”.  Dopo qualche anno mi sono diplomata con il secondo atto di Giselle, una bella sfida! In questo periodo sto insegnando ai miei allievi Il lago dei cigni, sarebbe difficile per qualunque compagnia ma è importante farlo, penso che sia fondamentale lavorare sul repertorio fin da giovanissimi. In una scuola di formazione bisogna studiare approfonditamente i grandi classici, sono delle perle rare che rischiano di venire dimenticate, abbandonate. Vedo nei gala coreografie neoclassiche interpretate perfettamente e quelle classiche un po’ meno…il classico è la nostra storia, la nostra cultura.Insegnando mi devo rapportare ai miei allievi, non voglio mai dimenticare che anche io ho avuto la loro età. Ai miei tempi non ho mai pensato a cosa avrei fatto dopo il diploma, ero tranquilla, sapevo solo che dovevo lavorare sodo e migliorare, per il resto non mi preoccupavo. Adesso è il contrario ci sono bambini che a tredici anni già si preoccupano di quello che faranno da grandi, non hanno alcuna serenità riguardo al loro futuro, rischiano di fare mille audizioni in giro per il mondo e di non trovare lavoro. Bruciano le tappe del loro percorso e non hanno la pazienza di fare le cose per bene, con calma. Il lavoro fatto non basta mai, voglio dire che c’è sempre da migliorare, da rifinire, da approfondire.Dopo il diploma sono rimasta a Bucarest, eravamo fortunati come lo sono i miei allievi del Teatro San Carlo perché vivevamo in teatro. Quanti ragazzi hanno l’opportunità di stare a contatto con l’arte tutti i giorni, di sbirciare nelle sale e guardare le prove dei ballerini professionisti? Sono stata poco tempo nel corpo di ballo e poi la mia carriera ha preso il volo. C’erano un sacco di ballerine meravigliose all’interno della compagnia ma a vent’anni ho debuttato nel ruolo di Giselle.E l’Italia?Mio marito, con cui ho lavorato tanto, era primo ballerino dell’Opera di Bucarest, oltre ad essere un grande maestro. Si è trasferito a Palermo e io l’ho raggiunto, venticinque anni fa.Chi ha inciso di più nel suo percorso artistico?Sicuramente mio marito. Mi ha sempre sostenuto sia nel lavoro che moralmente.Quando ha cominciato ad insegnare?Quando avevo circa ventitré anni, prima di fare l’audizione al Teatro Massimo di Palermo. Mi piace molto, è una ricerca continua e conta molto anche il gusto estetico. So di aver lavorato tanto ma bisogna insistere sulla parte superiore del corpo, sugli épaulements; il port de bras deve essere una poesia, dico ai miei allievi di innamorarsi dell’arte non solo della tecnica fine a se stessa.Qual è la cosa più difficile da insegnare?La coordinazione, l’essere ballerini. Che è diverso dall’eseguire i passi. Significa camminare e ballare come se parlassi la tua madrelingua. Ci vogliono intelligenza e cultura. Io cerco di dare tutta la mia esperienza ma chiedo anche il massimo da ciascuno dei miei allievi. Con una mano accarezzo e con l’altra sono severa. Sono molto esigente perché lo sono stata con me stessa, altrimenti non sarei arrivata ad un certo livello. Tutti i grandi ballerini hanno dato l’anima nel loro lavoro, le doti non bastano, ci vuole tanto impegno.Che cosa guarda in un ballerino?L’armonia, che significa bellezza nel movimento, la musicalità, le braccia. Ho visto ballerini brutti fisicamente che quando ballano sono straordinari e ho visto ballerini splendidi che diventano orrendi e non si possono guardare…Che cos’è l’umiltà?Essere onesti con se stessi e con gli altri. Educazione, rispetto, generosità.E la forza?Quando cadi e ti rialzi per ricominciare daccapo. Ho avuto molti momenti bui ma non ho mai perso la voglia di combattere, sono stata fortunata perché ho accanto a me un uomo speciale.Tre aggettivi che la descrivono?Simpatica (meglio far ridere che piangere), determinata e lunatica.Da pochi mesi insegna alla Scuola di Ballo del Teatro San Carlo, è soddisfatta del suo lavoro?Non è passato neanche un anno e posso dire che è un’esperienza bellissima! I miei allievi sono migliorati molto e hanno tanta voglia di fare, non mi bastano le ore che ho a disposizione anche perché alcuni corsi sono particolarmente numerosi. Ho imparato da mio marito ad essere pratica, non mi fermo un attimo, spiego in continuazione, parlo parlo parlo… dico sempre ai miei ragazzi che la cosa importante è che capiscano veramente quello che fanno. Chi non sa quel che deve fare non lo farà mai bene, non conta solo l’istinto ci vuole anche la consapevolezza. Mi sono trovata benissimo con il direttore Stéphane Fournial perché mi ha dato piena fiducia ed è una persona molto aperta. Ho avuto degli insegnanti straordinari, sarebbe un peccato non mettere in pratica la mia esperienza nei balletti di repertorio, accumulata negli anni con coreografi che mi hanno dato tanto.  Un insegnante che sa deve essere generoso e soprattutto onesto, deve dire la verità, aiutare i ragazzi e farli anche sognare ogni tanto. Ho un buon rapporto con loro e qualche volta gli monto delle legazioni particolarmente artistiche. Quando ero piccola mi piaceva molto improvvisare, non avevo la tecnica perché l’ho capita molto tardi, quindi per scaricare la tensione che a volte c’è in sala li faccio divertire. E’ importante avere una luce, la danza è armonia nel movimento.Che cosa le piace e che cosa non sopporta del mondo della danza?Mi piace il senso di libertà. È un paradosso dirlo perché la danza si studia con grande rigore. Ma se lavori tanto poi balli sentendoti libero e questo sviluppa la tua personalità. Penso che la danza faccia bene a chiunque, a prescindere dal diventare o meno un ballerino, con tutte le cose brutte che ci sono in giro mi sembra un’opportunità meravigliosa. Non mi piace la superficialità, e purtroppo ce n’è tanta in giro, e l’ingerenza della politica nella danza. Non la posso accettare.Che cosa è cambiato negli anni?La fisicità, la tecnica spinta all’impossibile. C’è tanta varietà ma meno lavoro, ecco perché i ragazzi hanno paura del loro futuro.Che cosa la emoziona?Il senso artistico, potrei piangere se un ballerino mi tocca il cuore con la sua arte.Qual è il messaggio più importante che ripete ai suoi allievi?Pensare al lato artistico della danza, al di là del numero delle pirouettes.Ce l’ha un sogno da realizzare?Vorrei tanto che i miei ragazzi facessero un bel Lago dei cigni per lo spettacolo di fine anno, so che la perfezione non esiste ma punto all’armonia, loro hanno un grande vantaggio: sono allievi, studiano e ce la mettono tutta.Che cosa è la danza per lei?Una libertà assoluta, un modo di vivere. Non mi manca ballare, mi tengo in forma facendo una lezione ogni tanto perché voglio mostrare bene i passi ai miei allievi. Guardare i ragazzi che crescono mi dà soddisfazione, ho fatto tanto nella mia vita, è bello stare anche dall’altra parte e osservare quello che succede.Elisabetta Testa

No Comments

Rispondi