Svetlana Zakharova, una Carmen seducente – Napoli Teatro Festival

E così è tornata. Nel ruolo più impetuoso e spregiudicato della storia, quello di Carmen.Paladina dell’amore libero, istintivo, passionale, con tutte le conseguenze che un amore così può provocare.Ospite d’eccezione del Napoli Teatro Festival che chiuderà i battenti il 15 luglio, Svetlana Zakharova ha portato sulla scena del Teatro Politeama il balletto Carmen Suite, (già ripreso con successo al Teatro San Carlo nell’ottobre 2015) con l’Orchestra del Conservatorio Nicola Sala di Benevento diretta dal maestro Alexei Baklan e il Corpo di Ballo del Teatro San Carlo (ancora in attesa di un nuovo direttore) guidato dal maître de ballet Lienz Chang.Creata nel 1967 da Alberto Alonso, fondatore del Ballet Nacional de Cuba e cognato della leggendaria Alicia Alonso, Carmen Suite ha avuto come protagonista Maya Plisetskaja. Fu suo marito, Rodion Ščedrin a rielaborare la musica originale di George Bizet, dalla forza prorompente. Nel 2005, due anni prima di morire, Alberto Alonso ha ri-creato il balletto per Svetlana Zakharova, ancora una volta al Teatro Bolscioi di Mosca dove aveva debuttato quasi in contemporanea con il Ballet Nacional de Cuba.Le radici di Carmen, personaggio simbolo dell’amore seducente, eroina della libertà, partono dalla letteratura – il racconto di Prosper Mérimée è del 1845 – e proseguono con la celeberrima opera lirica, fino alle versioni cinematografiche e naturalmente quelle danzate, la prima, quella di Roland Petit, fu creata nel 1949.Un lungo percorso, dunque, che non ha mai visto incrinato o offuscato il suo successo.La bellezza di Svetlana Zakharova è abbagliante, perfettamente nel ruolo per spregiudicatezza, sensualità, carisma, stupisce ancora una volta per la pulizia cristallina con cui esegue ogni minimo passaggio. Al di là di un corpo fuori dal normale che fa fatica ad entrare nello spazio scenico, si percepiscono anni e anni di lavoro, minuzioso e rigorosissimo, per raggiungere un livello di esecuzione così alto. Mai un errore, mai una sbavatura. Più che un ricamo, un cesello unico. Accanto a lei uno splendido Don José, Denis Rodkin, impeccabile tecnicamente, dalla figura elegante e molto forte nella resa scenica (a parte la chioma fluente, fuori luogo) e Mikhail Lobukhin, nel ruolo del torero Escamillo, che ha dimostrato grande foga e sicurezza.Purtroppo la coreografia, ripresa da Sonia Calero, non è sempre all’altezza delle potenzialità dei protagonisti e in alcuni passaggi appare slegata, frammentata, scarna, non particolarmente fluida né espressiva. Di grande impatto la scena, disegnata da Boris Messerer (insieme ai costumi, veramente brutti) – un fondale rosso con un enorme toro nero stilizzato – con l’immancabile arena dove, in una concettuale unità di luogo, si svolge la vicenda drammatica.Il corpo di ballo, cornice inquietante, amplifica e sottolinea ogni azione con la propria presenza (di effetto grazie anche alla disposizione semicircolare di alte sedie) o con movimenti un po’ banali, sezionati, mai scorrevoli, come tasselli di un meccanismo infernale che si ritorce su se stesso, vittima del proprio destino.I passaggi fuori equilibrio o i movimenti con i piedi flessi continuamente ripetuti dalla protagonista stanno a significare l’instabilità emotiva di Carmen, la sua volubilità, che la porteranno dritta alla morte. Bella la scena in cui il destino – incisiva e sicura di sé la giovane Martina Affaticato – si intreccia con i tre protagonisti e Zuniga, l’ufficiale delle guardie, interpretato con grande forza da Edmondo Tucci.Un quadro simbolico che intreccia i personaggi in un disegno già scritto e purtroppo molto attuale: amore, gelosia, morte.“L’amour est un oiseau rebelle…” e la libertà, si sa,  ha sempre un prezzo altissimo.Elisabetta Testa

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