Anna Pavlova, "leggenda della danza"

Nata il 12 febbraio 1881 a San Pietroburgo, Anna Pavlova entrò all’Accademia Imperiale di Balletto.

Subito dopo il diploma, già molto in vista nell’ambiente dei ballettomani, fu scritturata dalla compagnia del Teatro Imperiale Mariinsky dove, in soli sei anni, divenne prima ballerina (1906), dopo aver affrontato con successo quasi tutti i grandi capolavori del repertorio classico.

Nel 1907, per un concerto di danza in una casa di facoltosi aristocratici, chiese al suo collega di lavoro al Mariinsky, il giovane Mikhail Fokine, di crearle un assolo e lui le confezionò in poche ore La morte del cigno dal Carnevale degli animali di Camille Saint-Saëns.

Fu un trionfo e finì col diventare quasi il suo emblema, lungo tutta la sua carriera, prima col Mariinsky fino al 1913 poi – dopo una celebre parentesi con i Ballets Russes di Djaghilev nel 1909 in cui conquistò Parigi e il più autorevole pubblico internazionale – fu ospite nei massimi teatri, al di qua e al di là dell’Oceano.

Si stabilì a Londra, dopo aver sposato Victor Dandré, che creò attorno a lei una sua compagnia con cui si esibì viaggiando senza sosta in tutto il mondo.

Il suo repertorio comprendeva un’antologia di brevi danze create sapientemente per la sua gran classe di vena lirica, casta eppure intensa ed emozionante.

Dopo la fioritura di ballerine ottocentesche, vistose, vivaci e (spesso ingiustamente) chiacchierate, Anna Pavlova con la sua impeccabile vita privata, la sua immagine signorile e pudica, la sua aura poetica e irraggiungibile, ebbe – tra i tanti meriti strettamente artistici – anche quello di restituire vera dignità alla professione di ballerina, senza che perdesse niente del suo fascino e della sua forza di seduzione.

Lettera immaginaria di Roland Petit ad Anna Pavlova:

Cara signora Pavlova,

questa lettera è per dirle che in tutta la storia della danza, è la più bella, la più grande, la più celebre ma anche la più misteriosa, la più mitica. E’ come Greta Garbo; e tuttavia non è il cinema di celluloide che la riporta a noi ma piuttosto il film delle nostre notti bianche, quando sogniamo le sue danze eteree che hanno conquistato il mondo.

Si, io sogno il suo sinuoso collo di cigno, evocando la nostalgia dell’autunno che si avvicenda al fascino delle sue Arlecchinate.

Principessa degli incanti di San Pietroburgo, silfide di Djaghilev al Théâtre du Châtelet nel 1909, dove era adorata da Cocteau.

Ha diffuso la sua arte nel mondo come si diffonde un rosario, con fervore e convinzione.

Ha conquistato il pubblico, ogni pubblico, ha predicato la danza come una religione.

Cinquemila chilometri, di teatro in teatro, percorsi in treno, in nave, seguita dai suoi apostoli, i danzatori del Balletto, dalle sue costumiste, che ogni sera facevano di lei la grande sacerdotessa di un’arte semplice, diretta, forte e raffinata: la Danza.

Roland Petit

Elisabetta Testa

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