08 Giu Teatro alla Scala: incanta La Bayadère di Rudolf Nureyev
Senza scomodare Proust e le sue meravigliose quanto veritiere teorie sulla memoria, La Bayadère in scena al Teatro alla Scala di Milano, riporta direttamente al momento iconico – al termine dello spettacolo all’Opéra di Parigi nel 1992 – quando Rudolf Nureyev, poco prima di morire, ebbe un’ovazione per la sua rilettura del balletto. Riportata alla Scala dal direttore del Corpo di Ballo Manuel Legris che ha regalato al pubblico una stagione dopo l’altra di grande danza, eventi unici e altre chicche rare di qualità altissima, la versione coreografica di Nureyev, lontano dalle scene di pantomima, si concentra esclusivamente sulla bellezza della danza, e che danza! Complicatissima nell’esecuzione, impervia nella resa, esaltante da vedere, la sua tecnica è un’esplosione di passaggi concatenati, tra giri, salti, inusuali evoluzioni tanto che si ha l’impressione che tutto sia danza. Ogni elemento della compagnia, compresi i piccoli allievi della Scuola di Ballo diretta con esperienza e determinazione da Frédéric Olivieri, contribuisce alla bellezza dell’azione danzante, insomma…nessuno fa da cornice e basta. Le scene sontuose e i costumi abbaglianti di Luisa Spinatelli sono protagonisti di un’India affascinante e leggendaria, piena di colori e di sfumature, terreno fertile per la narrazione di una storia d’amore sofferta, quella tra la danzatrice sacra Nikiya e il guerriero Solor.
Rappresentato per la prima volta a San Pietroburgo nel 1877 con la coreografia di Marius Petipa, il balletto La Bayadère per molto tempo rimase sconosciuto in Occidente, fu proprio il giovane Nureyev a danzarne un estratto al Palais Garnier di Parigi nel 1961 con la compagnia del Kirov, ottenendo un successo strepitoso. Grande titolo del repertorio classico, richiede un’ottima preparazione tecnica per l’insieme di danze che contiene e un numero decisamente elevato di interpreti.
La musica di Ludwig Minkus eseguita con forza da Kevin Rhodes, ha sottolineato di volta in volta ogni minimo passaggio della storia, evocando scene di grande impatto emotivo come quella del Regno delle ombre che apre il terzo e ultimo atto (nella versione di Nureyev), in uno stupore che lascia a bocca aperta per l’incredibile esecuzione del corpo di ballo, le linee geometriche, l’insieme assolutamente perfetto dei movimenti. Un lavoro minuzioso, cesellato, che conferma il Teatro alla Scala come un faro della cultura italiana nel mondo.
Delicata, sofferta e precisissima nell’esecuzione del ruolo di Nikiya, Vittoria Valerio (nella foto di Brescia e Amisano con Marco Agostino) ha fatto sfoggio di una tecnica limpida con profonda interiorità; accanto a lei Marco Agostino, elegante e possente, nel difficile ruolo di Solor. Davvero sorprendente Alice Mariani nel ruolo della cattiva Gamzatti che avrà sicuramente un futuro brillante vista la straordinaria bravura (e bellezza di linee), espressa con molta naturalezza. Ottimo lavoro anche per Alessandro Paoloni (Idolo d’oro), Gioacchino Starace e Agnese di Clemente che ha una personalità magnetica.
Applausi scroscianti e infiniti hanno accompagnato in palcoscenico tutti i meravigliosi ballerini della compagnia del Teatro alla Scala per uno spettacolo di altissima qualità che ha riempito il cuore di bellezza e arte della danza.
Lo spettacolo in scena fino al 21 giugno 2024 alterna vari cast: Nicoletta Manni, Martina Arduino, Virna Toppi, Alice Mariani, Timofej Andrijashenko, Kimin Kim, Nicola del Freo e Claudio Coviello nei ruoli di Nikiya e Solor; Maria Celeste Losa, Gaia Andreanò e Linda Giubelli nel ruolo di Gamzatti.
Elisabetta Testa
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