16 Set Daniele di Donato:” in un ballerino cerco l’essere umano più che l’atleta”
Ha le idee chiare e una straordinaria forza di volontà che lo ha portato in poco tempo, ha solo diciotto anni – a realizzare il suo sogno: diventare un ballerino. Cresciuto tra Positano e Sorrento, si è diplomato a giugno alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala e, due mesi dopo, ha ricevuto il Premio Positano come nuovo talento emergente.
Com’è entrata la danza nella tua vita?
Fin da piccolissimo, ogni volta che sentivo la musica cominciavo a ballare. A cinque anni ho iniziato il mio percorso nella Scuola di danza di Patty Schisa, a Piano di Sorrento, man mano cominciando a fare i concorsi, ho capito che era proprio quella la strada che volevo percorrere. Volevo studiare a livello professionale e parlavo spesso con i miei genitori della possibilità di andare a studiare in un’accademia. Avevo già in mente di andare al Teatro alla Scala poi, a tredici anni, è arrivato un colpo di fortuna: ad un concorso Frédéric Olivieri, direttore della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala, mi ha offerto una borsa di studio per frequentare i corsi. In Accademia ho studiato dal quarto corso fino all’ottavo, al mio diploma ho danzato la quarta variazione di Variation for four di Anton Dolin, la Mazurka dalla Suite en blanc di Serge Lifar con la musica di Eduard Lalo, e un passo a due tratto da La stravaganza di Angelin Preljocaj.
Chi ha inciso di più nel tuo percorso?
Sicuramente Maurizio Vanadia, il mio maestro in Accademia. E’ la persona a cui devo il ballerino che sono oggi ma in generale tutti gli insegnanti dell’Accademia perché per le prove degli spettacoli si lavora con il corpo docente al completo. E poi il maestro Frédéric Olivieri che mi ha dato l’opportunità di iniziare a studiare professionalmente e di fare di questo lavoro un vero e proprio mestiere.
A tredici anni hai lasciato la tua famiglia, gli amici, per trasferirti a Milano. Che cosa è stato difficile?
Per me è stata la decisione più semplice del mondo! Il teatro alla Scala ha una lunga tradizione e anni e anni di storia…poter studiare in un contesto così prestigioso è stata una felicità immensa. Forse per i miei genitori è stato più difficile, vedevano pericoli che io neanche consideravo. Tutte le giornate sono state piene di studio, non avevo neanche il tempo di pensare alla nostalgia, non ne ho mai sofferto, sono stato sempre felice di fare quello che ho fatto.
Che cos’è l’umiltà?
La dote più importante per un artista, non soltanto per un ballerino. Rimanere legati alle proprie radici e ai valori fondamentali della vita è importante. Bisogna imparare a restare veri a non voler stare sempre al centro dell’attenzione. Le soddisfazioni non devono diventare un motivo di vanto, devono essere uno sprone per continuare a lavorare duramente, per arrivare sempre più in alto.
Che cosa guardi in un ballerino?
Cerco innanzi tutto la persona, l’artista, quindi sicuramente l’espressività è la prima cosa che mi colpisce. Penso che il nostro lavoro, la nobile arte della danza, sia soprattutto umana e quindi bisogna cercare l’essere umano prima dell’atleta.
Che cosa ti piace del mondo della danza e che cosa non sopporti?
Mi piace il fatto che sia un’arte così antica ma che continui a restare in costante evoluzione ed è sempre piena di stimoli, per chi la fa e per chi la guarda. Quello che purtroppo faccio fatica ad accettare è il fatto che non venga valorizzata come merita.
Chi è il tuo modello, il tuo mito, il ballerino a cui ti ispiri?
Il ballerino che prediligo, perché credo che sia un artista completo, è Nikolaj Tsiskaridze – già primo ballerino del Teatro Bolscioi e da qualche tempo direttore dell’Accademia Vaganova – e poi Mikhail Baryshnikov, molto diverso da lui.
Hai avuto una formazione completa, ti senti più romantico, lirico, brillante o virtuoso?
Il mio balletto preferito è Giselle ma spero di diventare un ballerino che possa fare tutto quello che la danza può offrirmi. Voglio lavorare al massimo delle mie potenzialità. Sono una persona molto curiosa, mi piace ampliare i miei interessi in tutti i campi.
Qual è la dote che non può mancare ad un ballerino?
L’umiltà, la dedizione. Doti, talento e soprattutto lavoro sono i tre elementi vincenti. Ho seguito un percorso molto impegnativo che spesso mette alla prova chi lo inizia…ma con la voglia di fare davvero questo lavoro si può arrivare dappertutto.
Che cosa farai ora che hai concluso il percorso di formazione?
Ho fatto un concorso al Teatro alla Scala e sono entrato in graduatoria, spero di poter lavorare nel corpo di ballo, poi si vedrà…Quello di cui sono più che sicuro è il mio lavoro costante e continuo.
Come hai vissuto gli anni passati in Accademia?
Benissimo. La Scala è un luogo di grande fermento artistico, si dice che in Italia sia tutto fermo per quello che riguarda l’arte ma, avendolo vissuto dall’interno, posso dire che la Scala è un luogo di insegnamento non soltanto per la danza ma per tutto ciò che gravita intorno al teatro. Ne ho un bel ricordo anche dal punto di vista personale: spesso si evidenziano le invidie, i contrasti, le gelosie che si possono creare all’interno della scuola…certamente esistono ma non sono così pesanti.
Tre aggettivi che ti descrivono?
Un po’ pazzo, molto ambizioso e, non dovrei dirlo io, ma credo di essere umile.
A settembre sei stato premiato a Positano – il paese che ti ha visto crescere – come giovane talento emergente…
È stata un’emozione difficilmente descrivibile a parole. Ho ballato sotto la pioggia, con il vento, ed è stato qualcosa di unico, non ho mai provato niente del genere. Ero nel mio mondo e mi stavo divertendo in scena, non ho avuto paura di continuare a ballare nonostante le condizioni avverse. Non è solo il mio paese, è il paese della danza.
Dove vuoi arrivare?
Sono molto ambizioso, la mia aspirazione più grande è quella di costruire una carriera importante come ballerino e poi spero di poter dare tanto al mondo della danza anche dopo, attraverso la coreografia: ho avuto la possibilità, studiando in Accademia, di sperimentarla attraverso la danza contemporanea, l’improvvisazione, ed è una cosa che mi affascina molto. Spero di poter continuare a creare.
Che cos’è la danza per te?
Da sempre, è quello che mi fa stare bene. In un momento difficile o in un altro di grande felicità è come una mamma che sa sempre come prenderti. E’un luogo dove si conservano le proprie emozioni e la propria vita.
Elisabetta Testa
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