Teatro San Carlo: incanta e travolge lo spettacolo “Soirée Petit”

Lui non c’è più, da sei anni. Ma la sua danza continua ad incantare per la bellezza, la forza espressiva, l’eleganza e la grande musicalità che la contraddistingue, insieme ad un genio creativo singolare e riconoscibile, unico nel suo genere. E così Roland Petit continua a vivere, in giro per il mondo, regalando ogni volta emozioni forti, grazie anche alla cura e alla dedizione assoluta con cui Luigi Bonino, interprete prediletto e per anni suo braccio destro, rimonta ogni lavoro curandone i minimi dettagli fino ad un eccellente risultato finale.

La compagnia del Teatro San Carlo, diretta con impegno ed entusiasmo coinvolgente da Giuseppe Picone, ha presentato uno spettacolo di altissimo livello tecnico ed espressivo firmato da colui che è definito, non a caso, uno dei più prestigiosi e creativi coreografi del ‘900. Versatile, colto e raffinato, narratore eccelso, Roland Petit ha attraversato in lungo e in largo il mondo della danza passando dal musical al teatro, creando un numero infinito di balletti, nel segno dell’arte di qualità. Soirée Petit, in scena al Teatro San Carlo per la prima volta, è un contrasto perfetto tra la delicatezza, l’eleganza, la bellezza delle linee e delle forme e la sfrenatezza energetica di una danza rituale che si autorigenera per diventare ancora più prorompente, sulle note di brani famosi dei Pink Floyd – celeberrimo gruppo rock – che ha trascinato e scalmanato il pubblico napoletano in una travolgente euforia.

Nella prima parte della serata, di grande atmosfera per l’intensità e la corposità di chi sa raccontare con gesti e movimenti, tre passi a due tratti da altrettanti balletti quali Ma Pavlova, Proust (ou les intermittences du coeur) e La rose malade. Ognuno diverso dall’altro, per storia, emotività e bellezza visiva, sono stati interpretati con la sensibilità di chi ‘sente’ la danza, al di là del mero esercizio tecnico, che pure ha il suo valore quando raggiunge livelli al di sopra della norma. Delicato ed elegante il primo, quanto fluido e scorrevole, ha messo in luce Annachiara Amirante e Giuseppe Ciccarelli che hanno rivelato un ottimo feeling oltre all’esattezza delle linee, in un quadro molto significativo. Creato per il Ballet National de Marseille in omaggio ad Anna Pavlova (indimenticabile interprete de La morte del cigno), fu creato nel 1986 sulla splendida musica di Erik Satie.

Intenso e dalla forza espressiva assolutamente catturante il passo a due maschile tratto dalla Recherche di Marcel Proust – gigante della letteratura – dal titolo Morel et Saint-Loup ou le combat des anges. Speculare e complementare, la coreografia esalta la bellezza assoluta dei due protagonisti, Alessandro Staiano e Stani Capissi, che, ballando corpo a corpo senza quasi mai perdersi d’occhio, inanellano una lunga sequenza danzata, in maniera splendida, raccontando una storia senza bisogno delle parole. L’esaltazione dei corpi, il cui tratto distintivo è l’armonia, che genera bellezza, non si perde di vista il pathos di una azione performativa impervia e magica, ricca di sfumature, resa ancor più preziosa da una tecnica forte al servizio delle emozioni.

In La rose malade, la musica struggente di Mahler – colonna sonora del meraviglioso film di Luchino Visconti, Morte a Venezia, sul soggetto di Thomas Mann – mette in luce la bellezza strepitosa di Giuseppe Picone, che sembra un angelo sceso in terra. Dotato di un corpo che parla da solo, scrigno della sua profonda interiorità, nel passo a due, difficile e pieno di prese complicate che sfidano la legge di gravità alla perenne ricerca dell’equilibrio, Giuseppe Picone è un ottimo partner per Maria Eichwald (nella foto di Luciano Romano), morbida e flessuosa, dalla tecnica sicura e consolidata, creando un intreccio di movimenti che lasciano il segno per eleganza e maturità espressiva in una sorprendente continuità di movimenti.

L’irrompere sulla scena del Teatro San Carlo di Pink Floyd Ballet crea un contrasto pazzesco tra vecchio e nuovo. Come un prisma, in una scena vuota e buia in cui le luci (laser, psichedeliche e quant’altro… a cura di Jean Michel Désiré) hanno un dominio indiscusso, la forza prorompente della musica, quella dei Pink Floyd che al debutto del 1972 suonarono dal vivo, aderisce perfettamente alla danza. Forsennata, coinvolgente, scatenata, a tratti calma, spazia da momenti di gruppo – come in un rituale antico – ad assoli o passi a due (di grande impatto la sequenza delle tre coppie che danzano insieme). Difficile restare fermi per l’energia allo stato puro che sprizza ogni singolo interprete in un balletto in cui la presenza maschile è predominante. Spettacolare la sequenza tecnica di Alessandro Staiano con innumerevoli cambi di fronte, in una crescente esplosione tecnica senza sbavature, seguito a ruota da Carlo De Martino, Salvatore Manzo e Danilo Notaro, con giri da compasso, batterie veloci e salti che allargano lo spazio scenico. La compagnia, con movimenti articolati, semplici, geometrici, a canone o in sincrono perfetto, si muove inesorabile componendo un ingranaggio perfetto in cui brilla lo splendido passo a due interpretato con molta sicurezza da Claudia D’Antonio e Stani Capissi, in un’atmosfera sensuale, avvolgente, rarefatta. Non solo musica (purtroppo registrata) – danza e luci, ma che musica! che danza! che luci!

Inevitabile il bis finale che meritatamente, in un trionfo di applausi, premia ancora una volta l’impegno di una compagnia che, nonostante mille problemi, fa il suo dovere ogni volta, con passione e abnegazione, portando sempre più in alto il nome del Teatro San Carlo.

Elisabetta Testa

 

 

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